3 regole per migliorare la qualità delle vostre decisioni

In un recente articolo pubblicato sulla rivista Harvard Business Review Walter Frick, scrive che per prendere buone decisioni abbiamo bisogno di comprendere due cose: innanzitutto come scelte diverse sono in grado di cambiare la probabilità dei risultati che vogliono influenzare e quanto ognuno di questi risultati sia più o meno desiderabile. In altre parole un buon processo decisionale necessita sia di capacità di previsione che di capacità di giudizio.

Ma come fare per migliorare queste due preziose qualità? Molto si è scritto e detto su questo argomento ma Frick individua tre regole che sembrano essere ricorrenti e rilevanti. Seguirle non può che migliorare la nostra abilità nel predire gli effetti delle nostre scelte e nel valutarne la desiderabilità.

Prima regola: essere meno certi.

Daniel Kahneman, vincitore del premio Nobel per l’economica nel 2002 per avere integrato i risultati della ricerca psicologica nella scienza economica, specialmente in merito al giudizio umano e alla teoria delle decisioni in condizioni d’incertezza, ha dichiarato che l’eccesso di sicurezza è la trappola cognitiva che eliminerebbe per prima se solo disponesse di una bacchetta magica. L’influenza di questa attitudine, di questo bias, è estremamente diffusa, anche tra le persone più qualificate ed esperte. Non è un fenomeno universale, dipende molto da fattori culturali e dalla personalità, ma ci sono buone, ottime probabilità che voi, come me, siate più sicuri riguardo a ogni passaggio del processo decisionale, di quanto non dovreste essere.

Pensiamo che una certa decisione condurrà a un determinato esito? Ci sono buone probabilità che questo sia meno sicuro di quanto non crediamo. Consideriamo un obiettivo preferibile rispetto a un altro? Forse siamo troppo sicuri anche di questo. Ma una volta che abbiamo accettato che potremmo peccare di un’eccessiva sicurezza nel formulare queste dichiarazioni allora possiamo rivedere la logica della nostra decisione e sforzarci di tracciare scenari alternativi. Quali altre conseguenze potrebbe avere la nostra decisione? Quali altre azioni potrebbero portare a quel risultato? Quali altri risultati potrebbero dimostrarsi vantaggiosi per noi? 
In sostanza: vi siete preparati per un risultato sensibilmente diverso da quello che avete previsto? E cosa succederebbe in quel caso?

Una tecnica molto utile per prepararsi a degli eventi futuri è quella del pre-mortem. Siamo nel futuro, abbiamo preso la decisione che avevamo in mente ma il risultato auspicato non si è manifestato, anzi, a dirla tutta, è stato un completo disastro. Cosa è andato storto? Ricorrere a questo trucco ci da lo spunto per verbalizzare dei timori e delle sensazioni latenti che la nostra eccessiva certezza ci potrebbe aver portato a zittire e accantonare.

Per combattere la tendenza alla troppa fiducia non basta solo ricorrere a questi espedienti, bisognerebbe anche prenderne consapevolezza. Sono abbastanza sicuro che a questo punto della lettura siate ancora abbastanza convinti che, malgrado uno strumento come quello visto possa essere utile, tutto sommato non sto parlando di voi. Quando siete certi di un’idea sapete di cosa state parlando. Da un punto di vista di percezione sono sicuro che è così ma il problema è che spesso non siamo consapevoli di cosa quel senso di certezza significhi veramente. Provate a fare questo esercizio: rispondete alle domande successive e per ognuna, senza cercare informazioni in più, indicate il range (valore minimo e valore massimo) all’interno del quale siete sicuri all’80% che la risposta corretta sia compresa. Prendete carta e penna per segnare le risposte. Pronti?

  1. A che età è morto il Mahatma Gandhi?

  2. In che anno è nato Wolfgang Amadeus Mozart?

  3. Quale era il numero di paesi membri dell’OPEC al Novembre 2015?

  4. Che posizione aveva l’ENI nella classifica Fortune 500 del 2014?

  5. Quale è, in chili, il peso massimo al decollo di un Boeing 747?

Potete ora confrontare le vostre opinioni con i dati corretti che si trovano a piè pagina in fondo a questo articolo. Com’è andata? Se avete rispettato la consegna e siete riusciti nell’esercizio vuol dire che avete al massimo sbagliato una risposta (un intervallo di confidenza dell’80% significa anche che su 5 risposte pensate di poterne sbagliare 1; se ne sbagliate 2 l’intervallo scende al 60% e via così). La maggior parte delle persone, a meno della casualità per cui conosca già con precisione una o più delle risposte per propria cultura personale, commette più di un errore perché tende a usare dei range toppo stretti sebbene non vi sia alcun limite nelle regole dell’esercizio (la risposta che l’età a cui è morto il Mahatma Gandhi è compresa tra 30 e 120 anni è assolutamente legittima). Siamo, in generale, più sicuri di quanto dovremmo essere relativamente all’accuratezza della nostra conoscenza e riponiamo un’eccessiva sicurezza nella precisione delle nostre idee. Fare questo genere di esercizi ci aiuta a prenderne coscienza e a capire che se non è possibile avere sempre ragione è però possibile diventare meno certi.

Seconda regola: chiedersi quanto spesso un certo evento tipicamente avviene.

Nel suo libro Pensieri lenti e veloci Kahneman racconta la storia di una volta in cui stava collaborando alla creazione di un programma di studi, e del relativo libro di testo, e aveva chiesto ai suoi coautori di stimare la data entro cui avrebbero terminato la prima bozza. Tutti, incluso Kahneman stesso, formularono una stima compresa tra i 18 mesi e i 2 anni e mezzo. In seguito chiese a uno di quei coautori, Seymour Fox, che era stato coinvolto in numerosi progetti analoghi, quanto tempo normalmente necessitava per completare un compito simile. Lui rispose che il 40% delle volte, in media, non si riusciva neanche a finire e che non aveva memoria di qualcosa di simile che fosse stato finito prima di 7 anni dall’inizio. Il programma sui cui stavano lavorando era sulla razionalità ma lo stesso coautore aveva risposto senza pensare alla casistica normale. Il punto dell’errore, e della storia, è che questo sarebbe dovuto essere il primo pensiero.

In generale la ricerca sulle decisioni suggerisce che il punto di partenza migliore per una previsione, un’informazione chiave per tutto il processo decisionale, è proprio quanto spesso un certo evento tipicamente avviene. Se volete aprire una nuova attività o lanciare un nuovo prodotto vi dovreste chiedere: in quale percentuale iniziative del genere falliscono?. Questa regola, nota anche come base rate, si dimostra molto utile quando ci troviamo ad esprimere dei giudizi.

L’idea alla base della regola è che dobbiamo cercare di abbandonare una prospettiva interna fondata sulle nostre conoscenze, sulla fiducia nelle nostre capacità e sulle nostre sensazioni, dove alcuni aspetti specifici della decisione (come ad esempio l’intrinseca bontà del prodotto) hanno la meglio sulla qualità dell’analisi, e cercare di sposare al suo posto una visione esterna dove si parte dalla casistica di situazioni analoghe prima di considerare gli aspetti specifici del caso individuale.

Terza regola: pensare in maniera probabilistica e imparare alcune nozioni base di statistica.

Le prime due regole possono essere implementate seduta stante, anche solo grazie a questi spunti di riflessione. Questa terza regola ha bisogno invece di un po’ più di tempo. Ma ne vale la pena. Le ricerche infatti hanno dimostrato che anche una formazione di base sulla probabilità rende le persone più efficaci nelle previsioni e le aiuta ad evitare quelli che la psicologia chiama bias cognitivi ovvero giudizi non corrispondenti all’evidenza e sviluppati sulla base delle informazioni in proprio possesso anche se non logicamente o semanticamente connesse tra loro e che portano a un errore di valutazione o mancanza di oggettività di giudizio.

Se non vi trovate a vostro agio con questa materia non c’è investimento migliore che spendere anche solo un’oretta per saperne di più.

Migliorare le vostre capacità di pensare in termini probabilistici vi aiuterà anche con le prime due regole in quanto sarete capaci di esprimere meglio la vostra incertezza e di pensare numericamente a questioni come quella di quanto spesso un certo evento tipicamente avviene. Le tre regole insieme sono molto più potenti del valore di ciascuna di essa presa singolarmente.

Conclusione

Sebbene queste regole siano tutti principi che potete cominciare ad utilizzare abbastanza in fretta per arrivare a padroneggiarle ci vuole pratica. E dopo che le avrete usate per un po’ potreste anche finire per diventare eccessivamente sicuri della vostra capacità di prendere decisioni. Ma i grandi manager non seguono queste regole solo quando sono di fronte a una scelta particolarmente difficile, ma vi fanno riferimento sempre. Riconoscono che anche decisioni apparentemente facili possono essere difficili e che probabilmente loro sanno meno cose di quanto non pensano e vale sempre la pena di riflettere con maggiore accortezza.

(Risposte: 1. 79; 2. 1756; 3. 12; 4. 25; 5. 442.253 kg.)

By | 2018-01-29T15:21:29+00:00 gennaio 29th, 2018|Decision making, Economia comportamentale, Senza categoria|0 Comments

About the Author:

Leave A Comment