Conoscere i bias cognitivi per prendere decisioni migliori

I bias cognitivi sono errori sistematici che commettiamo quando facciamo delle valutazioni o prendiamo delle decisioni. E siccome tutti ambiamo a raggiungere gli obiettivi che ci proponiamo e, per farlo, dobbiamo prendere decisioni il più possibile corrette ed efficaci, non dovrebbe essere necessario sottolineare quanto sia importante riconoscerli e comprenderli. Eppure spesso li ignoriamo.

Le persone sono normalmente concordi sul fatto che è importante imparare dai nostri errori ma per farlo dobbiamo essere consapevoli di cosa ci ha portato a sbagliare perché solo in questo modo possiamo migliorare.

Ed è comune associare il concetto di imparare dagli errori con quello di fare esperienza, dandoci l’idea che il semplice fatto di accorgerci di aver sbagliato ci ponga nella condizione di non commettere più lo stesso errore quando la situazione si ripresenterà. In talune situazioni può anche essere vero ma in altre è molto più complesso. Innanzitutto perché le situazioni non si ripresentano sempre uguali. In secondo luogo perché a volte le varianti alla soluzione che si è dimostrata errata sono molte, e quindi il processo di prova ed errore è lungo e non immediato. E in terzo luogo perché possiamo non capire quale è stata esattamente la causa dell’errore. Se arrivo a un bivio e prendo la strada sbagliata so che tornando indietro non sbaglierò più. Se di bivi ne ho passati molti non so esattamente in quale punto ho cominciato a intraprendere la strada sbagliata e ritornando indietro le opzioni da tentare saranno molteplici. Di certo so che l’errore nasce dal fatto di non sapere la strada e che la soluzione è avere una mappa, ma una consapevolezza del genere non è sempre presente o così immediata. E le mappe a volte sono difficili da leggere.

I bias cognitivi derivano dal modo in cui la nostra mente funziona.

Noi abbiamo una modalità di pensiero automatico e istintivo che genera idee, percezioni e sensazioni. E poi abbiamo una modalità di pensiero attiva e deliberata che è quella che consciamente dirige la nostra attenzione. Sarebbe bello operare solo in questa seconda modalità. Non ci garantirebbe di prendere sempre la strada giusta ma, quanto meno, saremmo consapevoli di ciò che sappiamo e di ciò che ignoriamo e questo ci permetterebbe di scegliere almeno la strategia migliore per gestire ogni tipo di situazione. Il nostro cervello non ha però abbastanza energia per farlo. Noi riceviamo una quantità di informazioni pari alla portata del cavo di rete che è attaccato al nostro computer ovvero circa 100 milioni di bit al secondo. La nostra capacità di processo consapevole, la nostra attenzione, è però di soli 50 bit al secondo. Come facciamo allora? Ecco che entra in gioco la nostra modalità di pensiero automatica che seleziona e interpreta le informazioni che provengono dall’ambiente permettendoci di avere risposte immediate e concentrarci su ciò che è più importante.

Pensate a una volta in cui eravate in un luogo affollato e stavate parlando con qualcuno.

Il brusio di fondo, se non era eccessivo, non vi impediva di parlare con il vostro interlocutore e di certo non sentivate le conversazioni degli altri. Eppure a un certo punto un amico, da lontano, ha chiamato il vostro nome e vi siete girati. È accaduto solo perché ha urlato più forte degli altri? Raro. Quello che più probabilmente è successo è che il vostro sistema automatico ha riconosciuto il vostro nome, uno degli stimoli sonori a cui siamo più sensibili, e ve lo ha segnalato portandovi ad indirizzare la vostra attenzione verso la zona da cui il suono proveniva. L’attenzione selettiva è una scorciatoia, un trucco che il nostro cervello adotta per gestire un’immensa quantità di dati e fornire al nostro io consapevole le informazioni per decidere.

Quanti animali di ciascuna specie ha portato con sé sull’arca Mosè?

Se, come molti, avete risposto due non vi siete accorti che Mosè non è mai neanche salito sull’arca ma la somiglianza del nome con Noè, e il medesimo contesto biblico, fanno si che la maggior parte delle persone cada in errore perché il nostro sistema automatico data l’assonanza e la vaga plausibilità non ha suonato l’allarme. Questo è uno dei moltissimi casi in cui il trucco e la scorciatoia portano ad un tipo di errore che tende sempre a manifestarsi quando le situazioni hanno caratteristiche simili ovvero un errore sistematico.

L’economica comportamentale, insieme alla psicologia e alle neuroscienze, ha sviluppato modelli, principi ed evidenze che ci aiutano a comprendere questi errori imparando a riconoscere le situazioni in cui si possono manifestare in modo da fornirci le strategie più indicate per migliorare le nostre capacità decisionali e renderci dei manager e dei professionisti migliori.

By | 2017-03-14T15:41:46+00:00 marzo 14th, 2017|Decision making, Economia comportamentale, Leadership|0 Comments

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